I BOSCHI TORNANO SEMPRE

 

“Un giorno mentre la lavi, ti scivola dalle mani e si rompe, la tazzina della nonna.
All’inizio ti disperi: potrai mai sopravvivere senza quella tazzina che era così bella, piena di ricordi, significati, amore…
Quasi subito ti accorgi che sì, puoi sopravvivere benissimo. E così da quella tazzina in avanti, capisci che le cose, e anche le persone, le puoi lasciare andare tutte.”
_ Benedetta Barzini_
Se mi venisse chiesto di immaginare il mondo di domani…
io mi limito a ricordare.

 
 
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Salendo a Forcella Col di Bos _ Dolomiti d’Ampezzo _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO B I C I  G R A V E L  OFFICINE MATTIO

Salendo a Forcella Col di Bos _ Dolomiti d’Ampezzo _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO
B I C I G R A V E L OFFICINE MATTIO

 
 

Anche io ho imparato a fare senza. A fare senza le mie radici che ho lasciato in Friuli. Ma per un lungo periodo mi sono scordata di esse. Affascinata dalla novità, ho cavalcato il senso di scoperta. Le Dolomiti sono un territorio immenso in termini di bellezza.

 
 
Boschi di larici in Ampezzo _  P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

Boschi di larici in Ampezzo _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

Strade come queste… _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FORTOGRAFO

Strade come queste… _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FORTOGRAFO

 
 


Partire all’alba, portarmi sotto al campanile prima del suono dell’Ave Maria, sentirne i rintocchi mentre imbocco la strada per Pocol, il profumo di caffè della moka che esce dai balconi delle case la mattina, o il profumo dei lieviti che sale dai laboratori di pasticceria, o il primo sole sulla pelle.
Gli ultimi due chilometri per il Passo Giau: se la memoria non mi tradisse, potrei pensare che questo luogo è sempre appartenuto ai pascoli verdi in cui le mucche si alternavano da un lato all’altro della strada, i pendii di rododendri fioriti all’improvviso, la distesa brulla bruciata dal freddo durante l’autunno che attende indomita l’arrivo della neve a coprirla. Ma i confini sembra stiano cambiando: i boschi alpini resisteranno solo alle quote più elevate, probabilmente si impadroniranno dei pascoli, sembra che la linea dell’abete rosso si alzerà di 200 metri, farà troppo caldo per vederla crescere sotto i 700 metri di altitudine.
Se scelgo il mattino inoltrato per partire in bici lo faccio ora, ad ottobre inoltrato. Nei mesi estivi la calura è talmente insopportabile da indurmi a pensare che un domani mi muoverò di notte. Probabilmente saremo in molti ad adottare questo espediente in futuro, non solo ciclisti…le torce di alpinisti e camminatori notturni si susseguiranno come sciami di lucciole, compariranno e scompariranno.
Le lucciole…che dolce ricordo…

 
 
Strada per Ra Stua. Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

Strada per Ra Stua. Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo _ P H O T O © GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

 
 

La tempesta Vaia è stata rivelatrice di boschi stressati da tempeste, crolli, temperature elevate. C’è un parassita lungo cinque millimetri di nome bostrico che sta attaccando gli alberi stressati e li secca, spostandosi da una pianta all’altra. In Repubblica Ceca ha attaccato metà delle foreste. In Friuli è già un problema. La tempesta Vaia ha aperto nuovi scenari: lo vedo percorrendo la Ciclabile da Cortina a Cimabanche, nuove cime si scorgono dove prima esistevano solo alberi. O raggiungendo Cernadoi da Colle Santa Lucia dove interi versanti si sono spogliati.

ma i boschi tornano sempre.

“Un bosco è distrutto solo se sostituito da un autostrada, un campo da gioco, un ospedale. Se gli alberi vanno giù in un modo o nell’altro questo fa parte della storia naturale di quel bosco, che rimane tale anche se oggi sembra che non abbia più alberi.” Mario Pividori, docente di Ecologia Forestale a Padova

 
 
Salendo a Forcella Col Di Bos. Sullo sfondo le Cinque Torri,  Dolomiti _ P H O T O ©GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO  B I C I G R A V E L OFFICINE MATTIO

Salendo a Forcella Col Di Bos. Sullo sfondo le Cinque Torri, Dolomiti _ P H O T O ©GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO
B I C I G R A V E L OFFICINE MATTIO

 
 

Ma come mi ricordò un mio amico un giorno

A fare senza non è come stare senza.

Abbiamo imparato a fare senza, proprio come con quella tazzina che ci è caduta dalle mani, abbiamo lasciato andare le cose, anche quelle che andavano assolutamente custodite, scordando cosa significassero, scordandone i ricordi che portavano con sé. Anche io l’ho fatto, per un lungo periodo, inebriata dalla bellezza di questo piccolo mondo antico che è la conca d’Ampezzo.

Ma gli alberi tengono memoria di tutto e si adattano ad ogni cosa: nei tronchi si trovano ancora le schegge della Grande Guerra, gli operai delle segherie hanno imparato a riconoscerle, prima che spacchino le lame, da un ombra blu sulla corteccia.
Anche io ho tenuto memoria e ho imparato a riconoscerla; è una voce che mi chiama ogni volta che prendo la bici, un richiamo verso luoghi che altrimenti non percorrerei, che mi accompagna per giorni fino a raggiungere l’obiettivo. Dapprima mi portava ovunque in Dolomiti, ora mi chiede di valicare verso il Friuli laddove ho lasciato le mie radici.

“Ma una volta che ti sei tagliato le radici, non le rimetti più davvero in nessun posto. E in nessun posto ti sentirai più davvero a casa. Puoi anche cambiare ma troverai tutto cambiato, perché tu non sarai più lo stesso. A questo punto ti chiedi a chi appartieni…”

così lessi una mattina sull’editoriale scritto dal Direttore Luca Dini dell’unica rivista a cui riesco a dedicarmi con il caffè, Vanity Fair.

Ho imparato a fare senza ma probabilmente non riuscirò mai a stare senza.

Nevica. Se fossi da abbastanza anni in Ampezzo direi che sta iniziando un Inverno come tanti altri. Cioè imprevedibile. Oppure potrebbe rivelarsi un Inverno dove nuovi boschi si preparano ad impadronirsi dei pascoli e numerosi animali selvatici come lupi, orsi, sciacalli, linci si rifugeranno a seguito di autunni caldi, nevicate importanti, estati torride, tempeste impetuose.


Ma per mia personale esperienza NON POTREMMO mai Stare senza. senza la consapevolezza di sapere esattamente dove siamo e da dove veniamo. entro questi due confini tutto è immaginabile ma non prevedibile. la consapevolezza è l’unico strumento che abbiamo per gestire l’imprevedibilità.

Questo testo è apparso sul numero 9 - Marzo 2020 della rivista ALVENTO Italian Cycling Magazine

 
Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. Sullo sfondo da sx Col Rosà, Tofane, Vallon Bianco _ P H O T O @ GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. Sullo sfondo da sx Col Rosà, Tofane, Vallon Bianco _ P H O T O @ GIUSEPPE GHEDINA FOTOGRAFO

PERCORSI GRAVEL IN AMPEZZO

Preparatevi a prendere la bici in spalla. Non esistono molti percorsi agevoli per la bicicletta Gravel sul territorio Ampezzano. Questo perché spesso le pendenze non sono affrontabili con i rapporti messi a disposizione da una Gravel, altre volte perché il terreno è troppo impegnativo anche per i ciclisti più esperti, salvo scendere dalla bici e caricarla a spalla come vorrebbe la miglior tradizione del cross. Ma questo non significa non ci siano posti che valga la pena raggiungere. Ho provato ad esempio ad affrontare la Val de Gotres da Rufiédo per giungere a LEROSA: in molti tratti la ghiaia e le pendenze mi hanno costretto a scendere, così come il tratto in discesa verso Ra Stua. Ma raggiungere il Cason de Lerosa, giocare a nascondino con le marmotte, sedersi al sole tra un tripudio di cime dolomitiche, vale l’intera avventura.

Vi elencherò i miei percorsi preferiti, partendo esattamente dal centro di Cortina:

  • la CICLABILE DELLE DOLOMITI, il vecchio tracciato della Ferrovia che sale da Belluno e conduce a Dobbiaco è la prima indicazione da seguire per percorrere Cortina fuori dal traffico.

  • il GIRO DI PIAN DE LOA : dopo aver raggiunto lungo la Ciclabile delle Dolomiti, il Centro Visitatori all’ingresso del Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo in direzione delle Cascate di Fanes, il sentiero 417 conduce sulla destra orografica del Fiume Boite. Superato il Camping è possibile proseguire in salita in direzione del Lago Ghedina sul sentiero 409.

  • Raggiungere MALGA FEDERA da località Campo, e da qui su strada sterrata il RIFUGIO CRODA DA LAGO. Questo ultimo tratto presenterà rampe alquanto ostiche, ma nessuno vieta di scendere. E nessuno vieta di ordinare uno strudel al rifugio e poi proseguire fino a Forcella Ambrizzola.

  • la salita a PRATO PIAZZA (il mio preferito) lungo la strada forestale che sale da Carbonin affrontando l’avvicinamento in Ciclabile. La discesa sarà su strada asfaltata in direzione della Val Pusteria, in alta stagione chiusa al traffico, percorsa solo dalle navette. A Monguelfo la Ciclabile della Val Pusteria fino a Dobbiaco e la Dobbiaco_Cortina poi, permetterà di chiudere un bellissimo percorso ad anello di un ottantina di chilometri.

  • la salita a FORCELLA COL DI BOS dal Casón de Rozés sulla strada per il Passo Falzarego è stato la location per molte delle nostre foto.

  • la strada forestale contrassegnata come sentiero 211 che dalla località Fiames conduce sotto le pendici del Pomagagnon al RIFUGIO MIETRES e proseguendo, a MALGA DE LARIETO. Il giro si conclude lungo la strada che scende da Passo Tre Croci. A Malga De Larieto è obbligatorio inoltrarsi nel più bel bosco di larici della conca, il bosco di Larieto.

  • vi sfido infine a percorrere il GIRO DEI RIFUGI da MALGA RA STUA raggiungendo il RIFUGIO FODARA-VEDLA, il RIFUGIO SENNES scendendo lungo la Val Salata. Un anello di una quarantina di chilometri che permette delle deviazioni: raggiungere il RIFUGIO BIELLA sotto la Croda del Becco o valicare verso il RIFUGIO PEDERÙ.

Per qualsiasi tipo di informazione sui percorsi